di Stefano Freddo

PENSIERI PASQUALI
Per una rinnovata vita sociale
Pasqua 2011
 

  

I pensieri che seguono sono il frutto di un'elaborazione interiore stimolata da alcune domande che fin da bambino hanno abitato la mia anima. Nel corso degli anni queste domande, relative al senso della vita umana singola e sociale e al destino eterno dell'umanità, si sono chiarite sempre più e questa luce ha aperto uno spiraglio attraverso il quale alcune risposte hanno potuto essere accolte.

            Offro ora alcuni frutti di questa ricerca, in un tempo decisivo in cui nuovi germi di vita possono forse trovare, nelle anime di quanti cercano, il terreno fertile che li possa far germogliare e crescere per dare nel futuro messi abbondanti a vantaggio della comunità umana.

            Questi pensieri rappresentano la tappa di un percorso. Sono una configurazione personale di ciò che a mia volta ho ricevuto dalla ricerca di altri esseri umani che ho incontrato nel cammino, in particalare da quella di Rudolf Steiner, fondatore dell'Antroposofia.

            Con sentimenti di gratitudine proseguo la ricerca ogni giorno, con la speranza di incontrare vecchi e  nuovi compagni sulla via.

  

            Cercate la vera vita materiale pratica, ma cercatela in modo che non vi renda ciechi per lo spirito che in essa agisce.

            Cercate lo spirito, ma non cercatelo nella voluttà trascendentale, per egoismo trascendentale, ma cercatelo perché volete viverlo disinteressatamente nella vita pratica del mondo materiale.

            Ponete in pratica il vecchio principio: “Spirito non è mai privo di materia, materia non è mai priva di spirito”, in modo tale da poter dire: “Vogliamo vivere ogni vita materiale alla luce dello spirito; e vogliamo cercare la luce dello spirito affinché possa sviluppare amore per la nostra attività pratica”.

Rudolf Steiner

 

Il tempo della prova

 

            In questa Quaresima, che cade in un tempo cruciale per la storia dell'umanità, il nostro ricordo ancora una volta, come ogni anno, corre agli eventi di Palestina che impressero una svolta a tutta l'evoluzione della Terra e destarono speranza per il futuro dell'uomo.

            Le vicende che da quegli eventi fino ad oggi si sono succedute, hanno suscitato nei cuori profondi conflitti e pressanti domande circa l'evolvere della civiltà umana. Tali domande sono divenute oggi brucianti. Sembra infatti che la civiltà stia scivolando nell'abisso, in direzione opposta a quella inizialmente intravista.

            Chi oggi, in qualsiasi luogo la vita lo abbia posto, voglia con profonda partecipazione interiore condividere il dolore di un'umanità in ricerca del proprio cammino, può rivivere in sé l'esperienza di coloro che da discepoli accompagnarono il Cristo Gesù nei tre anni della sua missione pubblica. Essi posero allora domande decisive ed Egli insegnò ed operò portandoli pian piano alla comprensione del senso di quella missione.

            Il passaggio di coscienza loro richiesto era grande. La Pasqua doveva essere un tale passaggio e la morte stessa era la soglia da attraversare. I più non erano ancora pronti. Solo pochi restarono desti sotto la croce. Furono costoro i primi testimoni della forza che a molti in futuro sarebbe stata necessaria.

            Ma il dolore agì su tutti loro trasformandoli. Sperimentarono in seguito la nascita di nuovi sensi interiori, grazie ai quali risultò loro manifesto il germe di resurrezione che da quel momento e per tutti i tempi futuri era stato posto nella terra e nei loro cuori.

            Ripercorriamo alcuni momenti di quegli eventi che si rinnovano oggi per noi.

 

            Per bocca di Giovanni risuona all'inizio il severo appello: “Nella solitudine raddrizzate la via del Signore” (Gv. 1, 23). E' una chiamata rivolta al singolo individuo. Essa invita a passare per la porta stretta, la soglia che schiude il rovesciamento, la conversione che i tempi richiedono per accogliere il nuovo che vuole entrare nel mondo.

            Ma negli ultimi discorsi del Signore risuonano le parole piene di amorosa sollecitudine: “Io pregherò il Padre ed Egli vi darà un altro Paraclito, affinché sia sempre con voi, lo Spirito di Verità che il mondo non può accogliere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché dimora presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani, verrò da voi” (Gv. 14, 16-18).

            Il porsi accanto del Consolatore alla nostra solitudine è ancora oggi per noi reale possibilità di percepire questa amorosa parola. Nel calore di questa presenza si può allora accendere una luce ad illuminare il senso della nostra esperienza. E' un insegnamento interiore che assomiglia al ricordare in modo più chiaro qualcosa che si sa in fondo di conoscere già: “Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome vi insegnerà ogni cosa e vi farà ricordare tutto ciò che io vi ho detto”  (Gv. 14, 26). Questo ricordare, come ogni ricordare, non è rivivere il passato con la coscienza con cui l'avevamo un tempo sperimentato. E' il rinnovarlo nella consapevolezza in divenire di un presente in continua trasformazione.

 

La morte

 

            Oggi più di allora appare però in tutta la sua potenza l'operare della morte. L'eco della resurrezione sembra per noi dissolversi in lontananza, sopraffatta dal frastuono dei fatti quotidiani, che testimoniano di una realtà nella quale dominano dure leggi. Il progresso umano che fino a ieri, sia pure faticosamente, sembrava realizzarsi, appare ora in rapido declino. La discesa sembra un precipitare e non si vede quali forze siano in grado di invertire la rotta.

 

            La sfida che ci sta nuovamente di fronte è quella antica: siamo in grado di rimanere desti ai piedi della croce? Perché forse allora la morte stessa ci potrà parlare e rivelare i suoi segreti.

 

            La morte di Gesù sulla croce è “..scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani” (I Corinzi 1, 23). Patire scandalo di fronte alla morte è testimonianza della difficoltà estrema a passare dalla porta stretta. Gesù è pienamente consapevole che i suoi discepoli più intimi sono paralizzati di fronte a questo passaggio: “Tutti voi patirete scandalo a causa mia in questa notte” (Mt. 26,31). Scandalizzarsi è coprirsi la faccia per non guardare negli occhi ciò che non si ha ancora la forza di sostenere.

            Il peccato ha generato nella coscienza umana l'esperienza della separazione, del dualismo, necessaria peraltro alla conquista dell'autonomia. Ma ciò a prezzo della perdita dell'originaria unità col mondo divino dal quale l'umanità proviene. La morte diviene scandalo, ostacolo, a causa di questa dualità che genera per l'anima un mondo diviso in due principi in lotta tra loro, il bene e il male, la vita e la morte.

            Gesù in croce appare quindi come pietra d'inciampo, di scandalo: Colui che è destinato a far trionfare il sommo bene soggiace alla morte riservata ai malfattori. Ma Egli ci incoraggia con le parole: “E beato colui che non si scandalizza di me” (Lc. 7, 23). Infatti se si supera lo scandalo la pietra d'inciampo diviene pietra angolare. E' la pietra grazie alla quale miracolosamente si sostiene l'arco che unisce le due colonne sottostanti, i due principi apparentemente separati e inconciliabili: il dualismo diviene trinità (la testata d'angolo è triangolare). Tra morte e vita si pone la resurrezione.

            Se Paolo definisce la morte “nemico”: “L'ultimo nemico ad essere reso inoperante sarà la morte” (1 Corinzi 15, 26), accanto a queste parole possiamo mettere quelle di Gesù: “Ma io vi dico: Amate i vostri nemici” (Mt. 5, 44).

 

            Cristo si è offerto volontariamente alla morte e ha posto il germe della resurrezione non solo nell'uomo, ma nell'intera natura (Romani 8, 20-24), in quella natura che ci è data in dono come madre e maestra.

            Goethe, il grande poeta e scienziato della natura vivente, afferma: “La natura ha inventato la morte poiché ha in sé molta vita”. In natura esiste un regno che è una “natura morta”: è il regno minerale. Senza di esso non esisterebbe un terreno solido sul quale possono vivere i tre regni superiori (che vi poggiano sopra), il vegetale, l'animale e l'umano. Ma anche la vita delle piante non potrebbe perpetuarsi senza la morte delle stesse piante, degli animali e degli uomini.

            Da questa morte si forma l'humus, la base, assieme al sole, all'acqua e all'aria, della vita sulla terra .

            Quando l'animale e l'uomo si nutrono, il sacrificio degli esseri che vengono mangiati rende possibile la vita di quelli che se ne alimentano. Ma sostiene anche la vita di quelli che vengono mangiati, della loro specie, poiché gli escrementi che derivano dalla distruzione digestiva, vanno a nutrire la terra madre, diventano anch'essi humus.

            Nella formazione dell'humus accade di continuo il prodigio che trasforma la morte in nuova vita. Tra noi e la terra vi è un intimo legame. Humus e umano hanno la stessa radice ed essa affonda nel regno della morte.

 

Eucaristia

 

            Nel sacramento dell'eucaristia ciò è contenuto sostanzialmente. La natura, il macrocosmo, e l'uomo, il microcosmo, sono stati creati per mezzo del Verbo, del Logos, senza il quale “...niente di ciò che esiste fu fatto” (Gv. 1, 3). L'uomo e l'intera creazione sono usciti dal Padre come Sua immagine. Ora il Verbo si è fatto carne, ha assunto la Sua creazione come Suo stesso corpo.

            Quando noi mangiamo ciò che è solido, il pane fatto col grano che cresce sulla solida terra, mangiamo il Suo stesso corpo. Quando beviamo ciò che è liquido, il succo della vite, beviamo quello che circola tra cielo e terra nella linfa delle piante, le portatrici della vita nel regno terrestre. La vite trasforma in vino l'acqua che assorbe con le radici immerse nella terra; in essa opera la vita di Colui che ha detto: “Io sono la vera vite” (Gv. 15, 1). E questa vita liquida diviene in noi sangue, il Suo stesso sangue.

            Giovanni ci indica non solo che il Cristo si è fatto carne nel corpo di Gesù, ma che tale corpo da Lui abitato e trasformato con la potenza del Suo amore, è divenuto il seme che morendo ha generato frutti di vita per l'eternità. E' il seme maschile che, fecondando con la propria morte la grande cellula uovo femminile che è la Terra intera, ha dato alla luce quell'essere fonte di vita che è con noi fino al compimento del mondo (vedi l'immagine della donna che partorisce in Gv. 16, 21-22).

 

            Gesù può quindi con ragione affermare: “Colui che mangia il mio pane, ha levato il suo calcagno su di me” (Gv. 13, 18). Infatti quando camminiamo sulla superficie della terra leviamo di continuo il calcagno sul corpo di Colui del quale mangiamo il pane. La coscienza eucaristica risiede nei piedi, nel camminare sulla terra, corpo di Cristo, con passo puro.

            Queste parole vengono infatti dopo la purificazione, la lavanda dei piedi, attraverso la quale Gesù ha ammaestrato i discepoli: nel mondo il superiore si inchina di fronte all'inferiore, Dio verso l'uomo, l'uomo verso l'animale, l'animale verso la pianta, la pianta verso il minerale, dicendo: “In effetti io ti sono superiore, ma senza di te non potrei sussistere”.

            Dalla coscienza di questa legge nasce il sentimento che santifica l'eucaristia. E' il sentimento della gratitudine, senza il quale non esiste consacrazione, santificazione del pane e del vino. Così lo spezzare il pane è sempre preceduto dal rendere grazie. Penetrando in profondità nel sentimento della gratitudine si può incontrare il vero volto della morte.

            Una volta divenuti coscienti che la nostra vita è resa possibile dalla morte di altri esseri che si donano in cibo per noi, potremmo essere turbati da questa comprensione. Questo turbamento   testimonia del nostro sguardo ancora limitato, condizionato dal peccato, che ci mostra un mondo costituito da esseri in continua lotta l'uno contro l'altro per la sopravvivenza. Nell'eucaristia questi esseri ci si rivelano invece come le membra di un unico corpo, il corpo di Cristo, che si offre in cibo per la vita di ogni essere.

            E noi stessi siamo membra del Suo corpo. Allora da questa ridestata coscienza possiamo iniziare a porci la domanda circa il modo in cui anche noi siamo cibo. “Date a loro voi da mangiare” (Mt. 14, 16).

 

            Continuando a ricercare il vero volto della morte, ancora dell'altro emerge dai colloqui del giovedì santo. C'è una cosa che Gesù ripete di continuo e che i discepoli non capiscono: “Un poco e non mi vedrete più; e poi ancora un poco e mi vedrete. Allora alcuni dei suoi discepoli dissero fra loro: “Che è mai questo che dice: Un poco e non mi vedrete e poi un poco ancora e mi vedrete? e: Io me ne vado al Padre?” (Gv. 16, 16-17). E poco prima: “Ora però vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: Dove vai?” (Gv. 16, 5). E ancora: “Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo, ora lascio il mondo e vado al Padre” (Gv. 16, 28).

 

Il nome del Padre

 

            Dietro le parole di Gesù è celato il mistero del nome del Padre. Infatti, nella successiva preghiera al Padre Egli dice: “Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato” (Gv. 17, 6).

Andare alla morte è per Gesù andare al Padre; ed è la morte, in verità, il nome segreto del Padre. Gesù non lo dice ancora apertamente: “Questo vi ho detto in similitudini. Un'ora viene in cui non vi parlerò più in similitudini, ma vi annuncerò apertamente quanto riguarda il Padre mio” (Gv. 16, 25). “Ancora molte cose ho da dirvi, ma ora non le potete portare. Ma quando verrà lo Spirito di verità, vi guiderà alla verità tutta” (Gv. 16, 12-13).

 

La giustizia

 

            Subito prima c'è una frase di oscuro significato: “E quando egli verrà (lo Spirito) confuterà il mondo in fatto di peccato, di giustizia e di giudizio. In fatto di peccato perchè non credono in me; in fatto di giustizia perché vado al Padre e non mi vedrete più; in fatto di giudizio perché il principe di questo mondo è già giudicato” (Gv. 16, 8-11). Gesù collega l'andare al Padre con la giustizia. In 17, 25 è anche scritto “giusto” come uno degli attributi del Padre.

            Un uomo una volta ha potuto cogliere il nesso tra la giustizia del Padre e la morte.

            Francesco d'Assisi, poco prima di andare al Padre, ha cantato un grazie: “Laudato si, mi Signore, per sora nostra Morte corporale, da la quale nullo omo vivente pò scampare”. Questa è la semplice e al contempo profonda espressione che egli dà del legame tra la morte e la giustizia, il Padre. Questo si rivela a lui, attraverso la compassione e lo sperimentare i dolori di Gesù crocifisso, per ispirazione dello Spirito di verità.   

            Quindi possiamo dire: la giustizia è il riconoscimento del vero volto della morte. E cosa nasce da questo riconoscimento, dalla giustizia? E' detto in Gv. 14, 26-27: “Ma il Paraclito, lo Spirito santo che il Padre manderà nel mio nome, egli vi insegnerà tutto e vi farà ricordare tutto ciò che vi ho detto. La pace vi lasco, la mia pace vi do. Non come la dà il mondo io ve la do. Non si turbi il vostro cuore e non si abbatta”. Allora ci diviene chiaro perchè proprio Francesco può scegliere come saluto quello del Risorto: “Pace a voi”. La pace nasce dal riconoscimento della giustizia e la giustizia è la coscienza della morte come rivelazione del nome del Padre.

            Quando questa visione sfolgora nell'anima, si realizza per il singolo uomo l'antica profezia: “Frutto della giustizia sarà la pace” (Isaia 32, 17).

 

La morte seconda

 

            Ora procediamo di un altro passo. Francesco, dopo aver lodato il Signore per sorella morte corporale, parla della “morte seconda”, dal cui pericolo possono uscire indenni coloro che la morte “prima” “..trovarà ne le Tue sanctissime voluntati”. Anche Gesù mette in guardia: “Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l'anima. Temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna” (Mt. 10, 28).

 

            La domanda che può sorgere a questo punto è la seguente: questa “morte seconda”, questa morte dell'anima, non deriva forse dal tentativo dell'uomo di sfuggire a “sorella morte corporale”?

            E a causa di che cosa l'uomo può cadere nell'illusione di sfuggire alla morte corporale? Esiste qualcosa nella vita umana che possa garantire una sorta di immortalità illusoria, in grado di sedurre potentemente l'uomo? Lo possiamo scoprire considerando la vita economica.

 

Il pane quotidiano

           

            Oggetto dell'economia è lavorare la terra e produrre beni che possano soddisfare i bisogni umani. Attraverso i pensieri fin qui considerati, questo processo economico acquista il suo significato attraverso ciò che è espresso nell'eucaristia. La morte in questo campo economico è garanzia di giustizia. Leggiamolo nella parabola seguente: “Le terre di un uomo ricco avevano dato un buon raccolto. Ragionava tra sé: Non ho più dove riporre i miei frutti: come farò? Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò all'anima mia: anima, hai molti beni conservati per molti anni. Riposati, mangia, bevi e stai allegra. Ma Dio gli disse: Stolto, questa stessa notte viene richiesta a te la tua anima, e a chi andranno le cose che hai accumulato?” (Lc. 12, 16-21). Qui Gesù parla della morte dell'uomo: questo è il primo lato della giustizia del Padre.

            Il secondo è accennato nel discorso successivo sulle preoccupazioni vane. In esso Gesù parla del deperire, del morire dei beni stessi, che vengono distrutti dalle tarme (Lc. 12, 33). Quindi se i beni deperiscono, ciò impedisce di poterli conservare per sé per lungo tempo. E ciò è giusto: per ricavarne il valore, i beni devono essere consumati, prima che lo facciano le tarme.

            Ma c'è un “grano” che può essere ammassato in magazzini particolari e che seduce l'uomo, promettendogli di sfuggire alla giusta legge della morte.

 

Il denaro

 

            E' il denaro custodito nelle banche.

            Nella prima delle tre tentazioni di Gesù nel deserto (Lc. 4, 1-13) c'è un accenno a questa realtà del denaro. La tentazione di trasformare le pietre in pane viene vinta da Gesù che risponde al diavolo: “Non di solo pane vive l'uomo”. Dopo le risposte di Gesù il diavolo se ne va: “Alla fine, avendo esaurito ogni genere di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo opportuno”.

            Il diavolo ha dunque ancora un'arma di riserva, un pungiglione da giocare contro Gesù al momento opportuno. E' il potere che egli ha su uno dei Dodici che ha a che fare col denaro.

            Il trasformare le pietre in pane è infatti la condizione degli uomini che per vivere devono dare pietre, denaro fatto di metallo terrestre, per avere in cambio il pane quotidiano. Gli altri undici sono preservati da questa tentazione. Giuda soltanto è destinato a questa prova, egli è il cassiere che fa gli acquisti.

            Nella cosiddetta “unzione di Betania” (Mt. 26, 6 e seg.), egli si indigna per lo spreco dell'unguento col quale una donna unge il corpo di Gesù e che, se venduto, avrebbe potuto rendere “oltre 300 denari” per sfamare i poveri. Secondo Matteo e Marco questo fatto è all'origine della decisione di Giuda di consegnare Gesù. In cambio egli riceve “30 denari d'argento”.

            Che esista una relazione precisa tra la tentazione del pane nel deserto e l'aculeo che il diavolo ha in serbo si evidenzia da ciò che scrive Giovanni in 13, 27: “Allora dopo il boccone (di pane) entrò in lui (in Giuda) Satana”. Questo è il “momento opportuno” nel quale ritorna il principe di questo mondo, che attraverso il pane e per il fatto che Giuda è irretito dal potere del denaro, delle pietre che diventano pane, può sperare di avere potere su Gesù.

 

            Nei “30 denari d'argento” c'è l'indicazione per trovare da quale forza derivi l'essere del denaro col quale Giuda ha a che fare. Il numero 30 indica chiaramente i giorni del mese, il quale è governato dalla luna. La luna è il corpo celeste che “riflette” la luce solare, che fa da specchio mostrando sempre la stessa faccia e creando un'immagine fissa. E l'argento è da sempre considerato il metallo della luna. Sono infatti sali d'argento quelli che permettono di creare la sottile pellicola che stesa su un vetro lo trasforma in specchio e gli dà la facoltà di riflettere immagini. Sono sempre sali d'argento che consentono lo sviluppo fotografico, la riproduzione di immagini della realtà che possiamo conservare immutate.

            Nell'uomo le forze lunari argentee della riflessione sono attive nel cervello, che consente di formare le immagini del pensiero astratto. Il cervello è contenuto nel cranio ed è l'organo lunare, il più “morto” dell'organismo, essendo le sue cellule incapaci di riprodursi. Questa morte ci consente di poter formare immagini di pensiero.

            Il Golgota è “il luogo del cranio” espressione delle forze lunari nell'uomo, i 30 denari d'argento.

            Da queste considerazioni si può anche capire perché la luna sia tanto importante per determinare la data di Pasqua.

 

            Sono le forze lunari del pensiero astratto, morto, quelle che creano i “30 denari d'argento”.  Il pensiero astratto ci consente di conservare il nostro sapere in riflessioni, immagini di pensiero (anche il presente scritto). Così il denaro ci consente di conservare i valori economici apparentemente immutati nel tempo. Anzi, nel nostro tempo esso si è ulteriormente evoluto. Enormi valori monetari hanno acquisito la facoltà di riprodursi magicamente, appoggiandosi sul potere che hanno sull'anima di innumerevoli uomini sedotti come lo fu Giuda. Le forze occulte che controllano questo potere possono sperare così di tenere in mano il destino della Terra  attraverso il potere sulle anime, così come il tentatore potè esercitare il suo potere su Giuda nel portare sulla croce Gesù.

            Anche oggi infatti il corpo del Cristo viene realmente crocifisso. La terra e l'intera umanità patiscono il supplizio come lo patì Gesù sul Golgota.

            Ma grazie alla Sua morte è entrata nel mondo la resurrezione, la sorgente della vita è stata dischiusa per chi vuole trovare ristoro.

            Confidiamo così che la rinnovata passione sia il passaggio necessario per il rinnovarsi della  resurrezione, affinché essa metta radici ancora più profonde nella vita dell'umanità. Poiché oggi come umanità abbiamo un compito decisivo. Non siamo più bambini, ci è stato dato l'esempio affinché possiamo imparare ad agire liberamente. Il Cristo mette la sua vita, il futuro della Terra, nelle nostre deboli mani. Ma lo Spirito di verità che il Padre ci ha donato grazie al Figlio ci è guida e conforto.

            Egli ci aiuta a vedere con nuovi occhi, osservando con chiarezza gli eventi e il loro significato. Li ricapitoliamo ancora: il pensiero morto crea un essere che si sottrae alla morte cui invece soggiacciono gli esseri viventi della natura. Questa è la radice dell'ingiustizia nel nostro mondo e nel nostro tempo, poiché la giustizia è dono della morte. Nello scambio economico il denaro ha un vantaggio ingiusto nei confronti dei beni di natura. Questi deperiscono, mentre il primo può essere addirittura moltiplicato magicamente senza dover lavorare; basta semplicemente imparare a manovrare la speculazione finanziaria.

 

            Ma questo appunto è il grande inganno. Questa tentazione che ha sopraffatto Giuda e l'ha portato al suicidio oggi tocca l'intera umanità. Essa dal pensiero morto dell'intelletto ha generato una grande civiltà fondata sul denaro, ma ora si sta rendendo conto di rischiare il suicidio.

 

Lo Spirito che dà la vita

 

             Lo Spirito ci viene dunque in aiuto, se noi lo cerchiamo e poniamo le giuste domande: “Il Padre celeste darà lo Spirito santo a quelli che glielo chiedono” (Lc. 11, 13). Egli vivifica per primo il pensiero morto. In seguito il pensiero vivificato può entrare con la luce della verità nel regno dell'ingiusta e ingannevole  immortalità materiale e riportarvi la giustizia: “Cercate prima il regno di Dio (lo spirito) e la sua giustizia, e tutte queste altre cose  (il cibo e il vestito...) vi saranno date in sovrappiù” (Mt. 6, 33).

            Entrando col pensiero vivente ad osservare la vita del processo monetario si scopre che in effetti il denaro non è per nulla immortale. Sembra solo che lo sia, ma in realtà anch'esso deperisce nel tempo come le merci, perdendo il suo potere d'acquisto. Questa è la sua “morte seconda”, quella che gli deriva dal non volersi sottomettere alla morte corporale naturale. Esso per tentare di sfuggire a questa morte si moltiplica, ma per voler salvare se stesso si svaluta in continuazione e va più in fretta incontro alla morte. Ma è una morte apportatrice di distruzione, che trascina con sé nella Geenna  la coscienza, l'anima offuscata degli uomini che ad esso si legano.

 

            C'è una sola via di salvezza: quella di accettare anche per il denaro la “prima morte”, quella naturale che è stata intessuta nel mondo dal Padre, poiché da questa potrà generarsi giustizia e vita nuova per la comunità sociale. E prima ancora occorre “morire al peccato”, accettare di perdere l'attaccamento al pensiero dualistico col quale nutriamo le nostre convinzioni e i nostri sentimenti preferiti, in una parola l'anima legata al peccato: “Chi infatti vuole salvare la propria anima la perderà; ma chi perde la sua anima a causa mia, la troverà” (Mt. 16,25).

           

            Il compito è quindi quello della trasformazione. Prima quella del pensiero morto in pensiero vivente ad opera della Spirito che dà la vita. E poi del denaro grazie alla giustizia del Padre, che gli infonde la morte, cioè una nuova vita.

            Il denaro morto viene così cristianizzato, redento, e risorgendo può divenire strumento di fraternità, di comunione, ministro al servizio di relazioni economiche degne dell'uomo perché fondate sulla giustizia.

 

La redenzione del denaro

 

            Voglio ora illustrare per sommi capi come si può realizzare tecnicamente nella pratica questa riforma del denaro.

            Realizzare la giustizia nei confronti del denaro significa parificarlo in valore ai beni di natura, alle merci, che ricevono il loro valore dall'essere consumate. E poiché esso non si consuma da sé in modo sensato, deve essere obbligato a farlo da una giusta legge.

            La tassa per il denaro corrisponde alla morte per i beni di natura. E' necessario che si applichi una tassa sul denaro stesso. Questa tassa è concepita diversamente dalle attuali tasse che si applicano ai redditi da lavoro, alle attività produttive e a una quantità di altre operazioni economiche o giuridiche, o ai beni materiali come le case, le auto, ecc.  I beni materiali, i valori collegati alle produzioni materiali sono già tassati dalla natura poiché si consumano naturalmente. E' il denaro circolante nel giro economico che, pur rappresentando il  corrispettivo del valore dei beni materiali, non segue la loro stessa sorte, quella del consumarsi, del morire.

            E come in natura ciò che muore non sparisce nel nulla, ma forma l'humus per la vita dell'intera terra, così il denaro tassato,  sottratto alla massa del denaro circolante, deve ritornare come humus per la vita dell'intera comunità sociale.

            Si potrà chiedere: ma cosa cambia rispetto al presente? Anche adesso le tasse ritornano alla comunità come servizi. Cambia moltissimo, poiché oggi sono tassati in maniera eccessiva i redditi dichiarati e tutti i beni che appaiono alla luce del sole. Ma il denaro lo posso nascondere e farlo circolare occultamente per sfuggire al controllo della legge. Inoltre esso, a causa di dinamiche speculative consentite dalla legislazione, che qui non è il caso di approfondire, si moltiplica in modo incontrollato a danno dell'economia reale delle merci. Quando ho in mano una banconota, su di essa non appare nulla che mi dica se sia onesta o truffaldina. Ma comunque, anche se provenisse da attività lecite, è comunque ingiusta in se stessa,  per il semplice fatto che si sottrae al morire.

            Se però ora la identifico, le dò un'identità apponendole una data di emissione e periodici contrassegni annuali obbligatori di avvenuta tassazione, senza i quali non avrà corso legale, ecco che non potrà più nascondersi. Lo potrà fare, ma solo al prezzo di non poter essere utilizzata, cioè di non avere alcun valore. Il progresso tecnologico può anche consentire di convertire tutti i valori monetari in valuta elettronica, posta sotto il controllo contabile dell'amministrazione giuridica che è deputata al periodico prelievo fiscale.

            Ma sarebbe comunque stolto cercare di sottrarre il proprio denaro a questa giusta tassazione, poiché eliminando tutte le attuali tasse sulle produzioni, i prezzi delle merci si dimezzerebbero e il potere d'acquisto del denaro raddoppierebbe.

            Nicolò Giuseppe Bellia, principale studioso della questione, ha calcolato che con questa unica e semplice forma di fiscalità, sarebbe sufficiente una tassazione annua sul denaro del 7 % (contro l'attuale pressione fiscale che preleva oltre la metà dei valori economici prodotti), per soddisfare largamente tutte le esigenze di una giusta redistribuzione della ricchezza. (www.bellia2.com)

 

            A molti potrà sembrare troppo semplicistico che  una simile soluzione tecnica così escogitata possa permettere la realizzazione della giustizia sociale. La soluzione sembra in sé semplice, ma il difficile è arrivare a comprenderne il significato e le conseguenze. A questo scopo è necessario cambiare il proprio sguardo sulla realtà, il modo di pensare. La realtà con  le sue esigenze lo impone. E' necessario sviluppare un pensiero organico che coglie l'unità dei processi, superando quello dualistico: “... perché siano uno come noi siamo uno: io in loro e tu in me, affinché siano perfetti nell'uno” (Gv. 17,22-23).

            Dietro ad ogni soluzione tecnica c'è un pensiero umano, un elemento spirituale. Dipende dalla sua qualità l'effetto che produce. Le considerazioni fin qui svolte hanno voluto manifestare quale tipo di pensiero, quale spirito stia a fondamento di questa soluzione tecnica proposta per la vita economica.

           

            Due sono oggi gli orientamenti di pensiero principali di fronte alla necessità della riforma sociale e della giustizia.

            Il primo opera per  una “soluzione politica”: crede alla forza della  cosiddetta massa, della maggioranza portatrice dei valori buoni che deve strappare il potere ai “dominanti”, i portatori del male. Ma poi, non conoscendo i reali processi che generano ingiustizia, una volta conquistato il potere non è in grado di risolvere alcunché.

            Il secondo sostiene che la colpa dei mali sociali sia l'egoismo del singolo uomo e che prima di ogni riforma sia necessario eliminare questo egoismo. Chi è orientato in tal senso percorre una via di autoeducazione ai buoni sentimenti verso il prossimo e all'etica dei comportamenti. Osserva anche il potere che ha il denaro nel nutrire l'egoismo e cerca allora di usarne il meno possibile proponendo di ritornare a scambi non monetari. Questo però è possibile solo in comunità ristrette e così la tendenza diviene quella del ritorno al passato, quando gli uomini vivevano in piccoli gruppi (ecovillaggi), col rischio così di isolarsi dal mondo e lasciare il resto dell'umanità a sbrigarsela da sola con gli ostacoli posti dal presente. Si pensa che eliminando il denaro cessi anche la causa del male, ma non si osserva che dal denaro è stato prodotto anche del bene.

            Infatti, diversamente dai beni materiali che hanno valore in sé nel loro essere consumati, il denaro vale solo come mezzo di scambio. Questa sua qualità ha portato l'umanità a diventare sempre più un unico organismo. L'economia moderna è un'economia mondiale. La coscienza che l'intera umanità sia un unico organismo nasce  inizialmente dal lato economico grazie agli scambi favoriti dalla moneta. Si tratta ora solo di completare l'opera correggendo il  “difetto di fabbrica” del denaro e, proseguendo nella consapevolezza, di scoprire nella sfera economica il valore spirituale della fraternità.

 

            Anche l'osservazione dei processi naturali, già osservati parlando dell'eucaristia, fornisce una solida giustificazione alla riforma proposta.

            Per l'agricoltore che vuole creare salute nell'azienda agricola, il primo compito è quello di curare la fertilità del terreno, il suo contenuto di humus, e l'equilibrio dell'ambiente circostante, in modo che siano il più possibile favorevoli alle piante. Si occupa solo in seconda battuta dei problemi della singola pianta, poiché essa crescerà bene e darà frutti sani se per prima cosa avrà a disposizione un terreno e un ambiente sani, che soddisfino le sue esigenze vitali. Egli curerà quindi prima di tutto che ci sia nell'azienda una giusta quota di morte, di produzione di letame e concime derivato dalla decomposizione organica di sostanze vegetali e animali. E poi, una volta rigenerate queste sostanze col compostaggio, le distribuirà su tutta la superficie dell'azienda per favorire una più rigogliosa vita.

            La tassazione annua del 7 % sul denaro consentirebbe di ottenere tutto l'humus economico necessario per i servizi pubblici e in più le risorse sufficienti per dare ad ogni cittadino un reddito base mensile per garantirgli il diritto di vivere dignitosamente, essendo salvaguardato da tutti i pericoli e le incertezze della presente e futura situazione economica.

 

Fiducia

 

            Si pone così una base di sicurezza sociale e di fiducia che consente ai singoli individui e alle comunità, liberati dal ricatto del bisogno di denaro, di potersi dedicare alle necessità umane reali secondo il proprio libero giudizio e la propria inclinazione, in un'economia moderna in cui la divisione del lavoro genera naturalmente relazioni fraterne.

            Già oggi infatti ognuno di noi col proprio lavoro serve i bisogni del suo prossimo, ma lo fa spinto dal bisogno di guadagnare il denaro per sé. Quindi diviene un lavoratore egoistico che perde di vista il valore sociale della sua attività.

            Quando invece come comunità porremo il denaro al servizio dell'uomo e ci prenderemo a cuore la tutela dei suoi bisogni essenziali, senza fare alcuna distinzione tra gli individui, secondo giustizia e uguaglianza, allora sì poi dipenderà solo dalla libera scelta di ognuno come e in che misura contribuire al bene della comunità stessa mettendo a disposizione quei talenti e quella creatività che ognuno possiede.

 

            Questi sono la vera ricchezza che l'uomo può continuamente accrescere e che non si consuma, il “tesoro inesauribile nei cieli, dove il ladro non si avvicina, né tignola distrugge”  (Lc. 12, 33) che solo in condizioni di fiducia nella tutela sociale da parte della comunità si può sviluppare al meglio, così come la pianta può dare frutti abbondanti solo su un terreno sano che sia stato preparato con cura e con amore.

                                                                                               Stefano Freddo

 

            “...affinché diveniate figli del Padre vostro che è nei cieli, il quale fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni e fa piovere sui giusti e gli ingiusti”  (Mt. 5,45)

 

 

“Date e vi sarà dato: ve ne daranno in grembo una buona misura, pigiata, scossa e traboccante; poiché con la stessa misura con cui misurate sarà misurato a voi in cambio” (Lc. 6, 38).

 

 

            “Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in sovrabbondanza”.  (Gv. 10,10)

 

di Lorenzo Marinoni

APPROFONDIMENTO
 

 

I PRINCIPI ISPIRATORI DELL'ANTROPOCRAZIA

 

1)      Garantire concretamente il diritto alla vita a tutti gli esseri umani che vivono in una società che si possa definire davvero civile.

Quando non esisteva la proprietà privata dei terreni ogni essere umano poteva nutrirsi liberamente dei frutti della terra e fruire a piacimento dei suoi ripari. L'Antropocrazia garantisce ad ogni essere umano questo stesso diritto fondamentale. Non è a tal fine necessario rispolverare nostalgie comuniste; basta sostituire il libero accesso alle risorse della terra con un minimo vitale in denaro garantito a tutti dalla nscita alla morte: il Reddito di Cittadinanza Universale.

 

2)      Sostituire il modo di pensare che vuole l'uomo al servizio del denaro con il modo di pensare che vuole il denaro al servizio dell'uomo.

L'Antropocrazia non dimentica che il denaro è nato dall'uomo come un mezzo per facilitarne gli scambi e pertanto vuole che rimanga tale, appunto un mezzo.

L'Antropocrazia ricorda inoltre che il denaro invecchia come qualsiasi oggetto fisico ma invece di aspettare che questo invecchiamento proceda in modo fisiologico, rendendo inevitabile rinfrescare periodicamente lo stesso strumento di scambio con apporto di altro denaro, sempre nuovo (meccanismo dell'inflazione), ritiene opportuno che sia l'uomo, l'ideatore del denaro, a gestirne saggiamente il processo di invecchiamento.

L'Antropocrazia pensa che il compito politico fondamentale consista proprio in questa saggia gestione e cioè nel sapere anticipare l'invecchiamento del denaro prelavandone periodicamente una parte (aliquota in percentuale) in modo tale che questo intervento costituisca l'unica forma di tassazione, destinata a far fronte sia alla Spesa pubblica sia alla distribuzione del Reddito di Cittadinanza Universale.

 

GLI EFFETTI COLLATERALI DELL'ANTROPOCRAZIA

 

1)      FINE DEI MECCANISMI DI INDEBITAMENTO FORZATO, PERMANENTE E FRAUDOLENTO: con l'adozione dell'Antropocrazia non sarebbe più necessario mettere in circolazione di continuo denaro fresco per far fronte ai processi inflazionistici e pertanto gli Stati si emanciperebbero dall'indebitamento fasullo, che è il principale effetto risultante dalla pratica del cosiddetto signoraggio bancario. Inoltre i cittadini cesserebbero di sentirsi due volte debitori (verso lo Stato e verso le stesse banche) ma potrebbero permettersi di sentirsi, almeno nei confronti dello Stato, pure creditori (del Reddito di Cittadinanza Universale).

 

2)      FINE DELL'EVASIONE FISCALE: non sarebbe più possibile evadere il fisco perché il prelievo verrebbe effettuato d'ufficio direttamente sulla massa monetaria circolante (meglio ancora se totalmente tradotta in registrazione elettronica).

 

3)      FINE DELLE TASSE INIQUE E PRETESTUOSE: non ci sarebbe più motivo, da parte della Pubblica Amministrazione, né di arrampicarsi sugli specchi per dare una giustificazione plausibile ad oneri assurdi né di ricorrere al concetto antidemocratico di “Imposta” (l'imposta si impone ad un suddito, non ad un libero cittadino).

 

4)      FINE DI UN SISTEMA PREVIDENZIALE SENZA FUTURO: l'invecchiamento delle società industriali porterà a non dare più pensioni decenti, come i giovani già subodorano, o a costringere al lavoro fino ad età sempre più avanzate? Il Reddito di Cittadinanza Universale sarebbe per tutti e semplificherebbe enormemente tutti i meccanismi aleatori del dare oggi per prendere (forse) domani.

 

5)      FINE DELLE LOTTE SINDACALI PARALIZZANTI: il Reddito di Cittadinanza Universale garantirebbe al lavoratore un potere contrattuale inedito e tale da permettergli di scagliere per chi lavorare e non di esservi spesso costretto solo per poter mangiare. Allo stesso tempo anche il datore di lavoro potrebbe licenziare senza il timore di venir azzannato dai sindacalisti o di aver mandato qualcuno a dormire sotto un ponte.

 

6)      FINE DELL'ACCATTONAGGIO E DELLA MICROCRIMINALITA': il Reddito di Cittadinanza Universale permetterebbe di vivere anche a chi è rimasto disoccupato o a chi, per qualsiasi circostanza della vita, è più o meno momentaneamente impossibilitato a guadagnare denaro lavorando.

 

7)      FINE DELLE FRASI FATTE SU UN SEMPRE DISATTESO DIRITTO ALLA VITA: l'Antropocrazia potrebbe finalmente garantire il rispetto di un diritto che l'attuale società non garantisce a nessuno, non solo nel cosiddetto “Terzo mondo”.

 

8)      FINE DELL'INIBIZIONE STRUTTURALE ALLA LIBERA ESPRESSIONE DEI TALENTI INDIVIDUALI: in una società in cui generalmente bisogna lavorare per (soprav)vivere è probabile che molti individui non riescano ad esprimere e coltivare come vorrebbero le proprie potenzialità creative. Invece l'ammortizzatore sociale rappresentato dal Reddito di Cittadinanza Universale permetterebbe a tutti di scegliere secondo vocazione ed inclinazione le attività a cui dedicarsi, arricchendo l'intera società di uomini che trovano espressione ai propri talenti piuttosto che di funzionari frustrati che eseguono di malavoglia il proprio “dovere” in attesa o della sospirata pensione o di una salvifica vincita al Superenalotto.

 

di Lorenzo M.

 

di Lorenzo Marinoni

LA LEGGE NON E' UGUALE PER TUTTI

LA PROPOSTA ANTROPOCRATICA RISPONDE ALLE FALSE DEMOCRAZIE

CON IL REDDITO DI CITTADINANZA UNIVERSALE

 

 

Il valore della moneta e le sue deformazioni

 

            Gli uomini hanno inventato la moneta per rendere agevole lo scambio di un numero di oggetti potenzialmente infinito fra un numero potenzialmente altrettanto infinito di soggetti.

            Nel corso della storia è cambiato il criterio per definire e tentare di fissare il valore della moneta, mentre è rimasta stabile la convinzione che il fondamento di esso non potesse che risiedere nel persistere di una concordia unanime, anche se non detta, circa l'accettazione della stessa moneta come privilegiato strumento di scambio; convinzione a sua volta consolidata grazie al persistere di un’implicita e crepuscolare fiducia circa la presenza di un corrispettivo ritenuto incorruttibile (l'oro), capace di colmare con peso concreto e sostanza fisica l'inconsistenza della formale convenzione.

            Da tempo (dai primi anni '70 per il dollaro), nonostante non esista più una copertura aurea legalmente garantita, si continua a scambiare moneta a fronte della fornitura di beni e servizi.

            La superstizione relativa alla divinità, ovvero presunta immortalità (incorruttibilità) dell’oro (sopravvivenza di culti solari?), ha trovato naturale sostituzione nonché prosecuzione nella credenza ancor più volatile circa la disponibilità di una riserva infinita di ricchezza per tutti che si genera dal nulla (magica, perenne cornucopia di una sorta di gallina socialdemocratica dalle uova, appunto, d'oro).

            Questo secondo miraggio è ancora più duro a dissolversi perché arriva addirittura a materializzarsi - e nel modo più mostruosamente caricaturale - sotto la forma del cosiddetto signoraggio bancario.

            Secondo tale pratica plurisecolare, per lo più ignota, esclusiva (antisociale) e smaccatamente fraudolenta (la più grande truffa perpetrata da pochi gruppi di potere ai danni dell'intera società civile), le banche centrali (per l'Europa dell'euro la BCE), a capitale in prevalenza privato, stampano banconote per poi prestarle ad interesse agli stati committenti, trasformandosi - udite, udite! - a loro insindacabile discrezione da tipografie in istituti di credito (spacciando i prodotti del proprio “ramo tipografico” per riserve subito disponibili all'attività del proprio “ramo creditizio”), vale a dire contrabbandando per un valore reale (enormemente superiore ai costi vivi di stampa) un mero valore nominale. Essendo stato calcolato che il costo di produzione di una banconota da 500 euro è di 30 centesimi, anche ipotizzando un utile iperbolico, diciamo del 300%, avremmo “solo” 1 euro e 20 centesimi da addebitare al cliente-committente (Stato), non 500 euro più gli interessi! Dulcis in fundo, giusto per completare la beffa, pare che grazie ad un sordido artificio contabile, i profitti mirabolanti (altro che narcotraffico!) dei califfi della finanza siano addirittura registrati a bilancio come voci di passivo!

            I cittadini, ignari della natura illusoria di questo debito “indebito” contratto dai loro amministratori - la parte maggiore del famigerato debito pubblico in nome del quale si varano finanziarie richiedenti i “rituali sacrifici” -, devono lavorare ad oltranza per produrre davvero quel valore, solo così rendendolo reale a tutti gli effetti e quindi fruibile, soprattutto agli ideatori della truffa, che peraltro continueranno a generarne senza sosta dell'altro solo formalmente e dal nulla, dietro l’occulto imperativo: lavorate, schiavi, per noi (lobbies di potere politico-economico)!

            Evidentemente c'è chi la ricchezza, piuttosto che produrla, preferisce godersela in esclusiva, dopo averla accaparrata per una via ancora più breve del banale furto: stampando denaro in monopolio legalizzato. Intanto il tapino, nelle pause dal “lavoro che lo nobilita”, può solo aspirare alla passione calcistica o ad un enorme vincita alla lotteria (per la plebe è sempre ottima la regola del “panem et circenses”), oltre alle briciole dei profitti da signoraggio di cui anch'esso, da piccolo azionista, senza saperlo, beneficia.

            Il signoraggio è insomma l'espediente più sfrontato, insieme alla pratica sorella che va sotto il nome di “riserva frazionaria” (la facoltà legalizzata che consente alle banche di prestare molto più denaro di quello che in realtà possiedono), per consolidare un sistema economico tutto basato sull'indebitamento artificioso dei tanti verso i pochi, tant'è che - a smentita del diffuso senso comune - ne risulta annullata la differenza qualitativa tra il denaro che si chiede in prestito alle banche e quello che si ha nel portafoglio o sul conto corrente: anche quest'ultimo infatti, il denaro che “possediamo” -cioè crediamo di possedere-, è geneticamente concepito come denaro a noi prestato, solo per via indiretta (prestato cioè allo Stato che si rivarrà su di noi tassandoci) e quindi comunque come debito da saldare, in quanto contribuenti, ancora ai banchieri-creditori-tipografi-imbroglioni

            La classe politica, connivente, accetta senza problemi la colossale estorsione ai danni dello Stato (quando non corre in dichiarato soccorso ai banchieri (!), per farli credere bisognosi, con periodiche, ulteriori emorragie di denaro pubblico), potendo girarne immediatamente l'intero onere sulla dormiente collettività che dovrebbe (!) rappresentare.

            La vendita delle indulgenze rispetto a qualsiasi peccato, che tanto indignò Lutero 500 anni fa, è trapassata nell'acquisto del silenzio omertoso, cioè dell'intransigenza ferrea rispetto all'unica capitale omissione, derubricata da peccato a “virtù coatta” in forza del suo esplosivo, più che imbarazzante contenuto. In poche parole, i potenti ti pagano qualsiasi cifra (quando non decidono di tagliare corto facendoti screditare e/o, ancor meglio, scomparire dal regno dei vivi) purché, se sei personaggio dotato di visibilità mediatica, di tutte le nefandezze umane non nomini la loro. La regola del Sistema è sempre la stessa: assimilazione (nella duplice modalità del cinismo diffamatorio – la “macchina del fango” di cui parla Roberto Saviano - o della plateale corruzione) oppure immediata espulsione (emarginazione-eliminazione).

 

            L'oppio dei popoli non è mai stata la religione in quanto tale, ma la credenza che il lavoro, solo perché pagato, non continuasse ad essere schiavitù.

 

Dal circolo vizioso della fiscalità reddituale al circolo virtuoso della fiscalità monetaria

 

            Inseguire il pareggio di un debito voluto inestinguibile si traduce in aumento indefinito della pressione fiscale sui redditi, che gli imprenditori cercano di tamponare aumentando i prezzi, così generando inflazione (rendendo cioè necessario incrementare la massa monetaria circolante, per permettere di acquistare gli stessi tipi di beni, sempre più costosi). Nell'eterna alimentazione del circolo vizioso l'anello si chiude: il meccanismo del giocattolo nascondendo la meraviglia del moto perpetuo...

            Se si vuole uscire dall'ossessione nietzschiana dell'eterno ritorno dell'uguale (la perpetua messinscena che permette ai burattinai la reiterazione dello sfruttamento con tanto di sorriso trionfale, stampato sulle labbra dei politicanti che ne replicano i movimenti) ma contenere il sacro furore golpista che lo svelamento del signoraggio scatena dentro una volta svanito l'inebetimento difensivo suscitato dall'enormità della folgorazione, basta attenersi all’immediato buon senso.

            La realtà terrena attesta, innanzitutto, anche a prescindere dal signoraggio (e anche qualora per assurdo tale eclatante patologia non dovesse penalizzare eccessivamente la collettività), che lo strumento di scambio – si tratti di monete metalliche o di banconote – invecchia e deperisce nel tempo, come è normale che sia per qualsiasi oggetto fisico. Aprire gli occhi su questa banale verità costituisce un primo passo per uscire dalla superstizione.

            Il passo operativo che segue consiste nel trovare il modo di impedire che la moneta invecchi priva di controllo umano, per forza d’inerzia (o, che è lo stesso, ringiovanita-ricreata nell'inganno da pochi “dèi-dèmoni” a danno dei più, “comuni mortali” -leggi signoraggio), che è quanto avviene oggi sotto forma di inflazione. La ben nota inflazione è la colonna sonora dell’affannoso risveglio, la triste presa di coscienza a posteriori di un invecchiamento già avvenuto, che non può pertanto che essere subìto, nei termini di una perdita inesorabile di potere d’acquisto, altrimenti detta impoverimento.

            Il controllo dell’invecchiamento della moneta nella conversione del suo deperimento in valore disponibile a vantaggio della collettività costituisce, nella proposta antropocratica di N.G. Bellia (vedi www.bellia.com) l’argomento primario dell’agire politico: questo dovrebbe consistere nella determinazione periodica e collegialmente concordata di una stima di invecchiamento, espressa come tasso di decurtazione da applicare all’intera massa monetaria circolante; tasso che andrebbe calibrato in modo da poter attingere le risorse necessarie all’intero fabbisogno per la Spesa Pubblica, ivi compresa l’elargizione di un minimo vitale mensile per tutti i cittadini.

            Si tratterebbe in sostanza di mettere in pratica su scala sociale il vecchio detto popolare che recita “fare di necessità virtù”: anticipare cioè gli effetti depressivi (psichici e socioeconomici -ciò che va sotto il nome di “Crisi”) di un deperimento inevitabile (che denuncia non a caso, nella formazione di un sedimento, la naturale tendenza a porre le premesse e le basi per l’innesto di un altro processo, extra-economico), nella creazione di una riserva sottratta alla dinamica dell'economia, per rispondere all’esigenza di equità o pari opportunità (reddito di cittadinanza universale, ovvero minimo vitale per tutti) e di sana contribuzione alla sussistenza della cosa pubblica.

            Un regime fiscale illuminato (monetario e non reddituale) dovrebbe garantire sul piano della moderna convivenza civile, che la politica regola, ciò che in natura e nelle civiltà “arcaiche” ad essa armoniche è e fu già garantito: da un lato il pieno accesso ai mezzi di sussistenza (precluso ai più dai tempi dell’introduzione della proprietà privata dei terreni), dall’altro la consapevole necessità delle opportune restituzioni alla vita del tutto universale.

            Dare e ricevere, ricevere e restituire erano un tempo momenti diversi di un unico movimento, il movimento della vita, che il ritmo del respiro ben esemplifica e -finché la qualità dell’aria lo renderà possibile- attualizza.

            Che ora l’incombente esclusiva della moneta elettronica non consacri fissando per sempre nella sua rarefatta essenza la superstizione dell’eternità della moneta (dell’infinita ricchezza, pure nella variante giornalistica della crescita illimitata) e tantomeno diventi il cavallo di Troia per la messa in atto di una forma silenziosa di fascismo globale, ma si presti ad una gradita semplificazione tecnica nella direzione sopra indicata (decurtazione informatizzata), è in ultimo – o prima di tutto – una questione di risveglio dell’uomo.

            L'uomo risvegliato saprà allora fare sua la massima:

 

            La fine della schiavitù dal denaro (e dal lavoro, che da esso si lascia misurare, come fosse una merce) oggi passa da qui, dalla morte di Dio nel denaro. Il denaro non è un dio immortale, ma una creazione umana. Io sono un uomo socialmente sano se mi servo del denaro libero da moralistiche costrizioni.”

 

Produttività spirituale e produttività economica: alle origini della scelta tra democrazia cristiana (antropocrazia) e classismo schiavista (paganesimo ostinato)

 

            Al fine di un risveglio che non sia prosecuzione di un incubo fin dentro lo stato di veglia, ritengo necessario prendere coscienza e quindi posizione rispetto al delinearsi di due vie: la via di coloro che sostengono per tradizione l’opportunità di confermare il principio gerarchico a tutti i livelli ma, particolarmente, nella distinzione essenziale, più che funzionale, dei gruppi sociali (trasposizione exoterica del sistema piramidale delle logge) e la via di coloro che vedono nell’evoluzione, esternamente indefinibile, delle singole individualità, il massimo potenziale per la crescita armonica dell’umanità tutta.

            Gli uni ritengono giustificata la concentrazione e protezione, con qualsiasi mezzo, del trinomio conoscenza-potere-ricchezza entro la casta (occultamente) dominante, gli altri vogliono invece mettere tutti gli uomini nella condizione di poter far fruttare al meglio, conoscendosi, il proprio patrimonio interiore (talenti).

            La prima via si potrebbe dire, nel senso eminentemente archetipico del termine, oltre la sua limitata accezione confessionale (non impedendo pertanto di annullare lo storico contrasto, ad esempio, di Chiesa e Massoneria) pre-cristiana; la seconda cristiana.

            Optando per quest'ultima non è difficile cassare anche la più classica obiezione rivolta all'esigenza primaria della proposta antropocratica: “Se si darà qualcosa a tutti (minimo vitale) l’intera economia si bloccherà perché nessuno produrrà più nulla, accontentandosi di quel minimo (Reddito di Cittadinanza)”.

            Non si tratta di dimostrare in laboratorio l'efficacia del modello scelto appurando che la specie-uomo reagirà produttivamente secondo proporzioni statistiche soddisfacenti (come chiederebbe il CICAP o l'implicata genìa degli “Angela”), ma di confidare nell’iniziativa di ogni singolo essere umano, sicuri di appellarsi ad un’istanza connaturata alla sua libertà più vera, quella di voler conformare creativamente il mondo.

            Cos'altro spinge ad agire sempre di nuovo, (certo) una volta contenute o estinte tanto la sete di potere e ricchezza esteriori quanto la considerazione del prossimo quale utensile del proprio piacere, se non l'intima convinzione di poter produrre in modo sempre più aderente alla propria autentica natura individuale qualcosa di fecondo per la collettività e per il mondo intero?

            Se non si dispone della fiducia nell'umana creatività a causa di condizionamenti che si chiamano d’abitudine a soccorso per difendersi da ciò che ancora non si riesce a sperimentare coscientemente e direttamente, è opportuno, a mio avviso, più che obiettare, cominciare ad indagare sull’origine delle proprie paure.

            Emblematica, su questa stessa linea, è la tipica tentazione del bigotto, particolarmente tenace in materia di morale sessuale o di bioetica: rispetto a ciò che non riesce a vincere dentro di sé (“i pensieri impuri”) egli invoca alla pubblica autorità una regola inflessibile da imporre a tutti, denotando tanta simpatia coranico-khomeinista-talebana quanta nostalgia farisaica per un sistema di leggi che strutturi sulla Terra un regno di Dio voluto a tutti i costi, cioè anche senza gli uomini. Quando poi il nostro meticoloso osservante vuole convincere di parlare in nome di una laica obiettività, si rivolge tra le scienze alla statistica, la stessa branca di quella matematica applicata che, se riferita a decisioni politico-strategiche fondamentali, autorizza a pensare: meglio un uomo morto oggi che dieci domani. I teorici della guerra preventiva (o umanitaria!?) ringraziano.

 

            Sono convinto che essere pagani o cristiani, fedeli o infedeli, scegliere ed operare di conseguenza oggi possa acquistare un senso nuovo: non più secondo contrapposizione di fedi e leggi morali (Islam contro Cristianesimo) né di dogmi a leggi scientifiche (cattolici contro laici) - e non valgono le commistioni teocratiche né le collusioni patologiche appena menzionate - ma secondo polari visioni dell'uomo.

            Gli umanisti -come anche mi piace chiamare gli “antropocratici” o gli autentici “democratici-cristiani”- (niente a che vedere con i crociati post-moderni), a differenza dei “disumanisti”, evitano pure il facile tranello perbenista dei benpensanti: additare le pratiche selvagge e sanguinarie del mostro di turno o delle organizzazioni criminali alla ribalta come esecrabili realtà assolutamente altre da sé. Essi al contrario vedono l'errore, nelle sue diverse gradazioni, come il temporaneo errare dovuto ad un vuoto di pensiero e sanno che solo l'indifferenza anestetica dell'ignoranza o la caparbietà automatica della perversione possono conferirgli durata.

 

I signori della paura e l'urgenza di un ritorno cosciente all'Origine

 

            Ascoltando i messaggi mediatici è arduo negare che viviamo in un mondo dove sembra proprio che qualcuno abbia tutto l'interesse ad allevare azioni perverse sul terreno dell'ignoranza, opportunamente fertilizzato dalla paura.

            Il gioco di potere è semplice, antico e ripetutamente collaudato: impaurire per poi promettere “sicurezza”, cioè manipolare e controllare (orientare a proprio piacimento facendo leva sull'ondata emotiva scatenata).

            Non pare un caso se le cause prime dei fatti più gravi che segnano la storia anche recente del paese ispiratore il -seppur scricchiolante- ancora imperante modello capitalistico, gli USA (ma si potrebbe dire lo stesso per la colonia Italia), sono coperte da segreto militare con la motivazione della “sicurezza nazionale”.

            E' tratto tipico delle confraternite dedite all’esclusivismo prevaricatore affermare esattamente il contrario di ciò a cui in realtà aspirano e per cui tramano: in questa circostanza l’obiettivo è l’insicurezza globale, oltre ovviamente alla sicurezza di non essere scoperti (come lo slogan che recita “democrazia e libertà” sottintende “oligarchia e schiavitù”).

            L'elementare strategia dialettica presenta il notevole vantaggio di saper prendere in contropiede qualsiasi voce di dissenso, mettendola in cattiva luce prima ancora che  possa levarsi: sterilizzazione preventiva delle opposizioni. Chi potrebbe infatti azzardarsi a contestare idee tanto nobili senza cadere in plateale e rovinoso discredito presso una “pubblica opinione” lungamente catechizzata allo stesso moralismo ipocrita che muove quegli opportunistici cercatori di facili consensi?

            Ma non vale accusare oltre, salvo scoprirsi troppo tardi caduti nella tela, degradati ad involontari spalleggiatori di quelle stesse dinamiche di potere per aver contribuito a fomentare negli animi l'impotenza, ovvero l'avvilente sensazione di “non poterci fare nulla”. È più saggio tornare a dire che se certe trame prosperano è perché trovano un vuoto da occupare, un vuoto di coscienza e di cura, prima ancora che nella società, nell’intimo di ogni individuo.

            La paura di fondo dell'uomo addomesticato previa astratta animalizzazione, educato cioè alla legge della selezione del più forte, alla giustificazione biologica della prepotenza (soprattutto se patita), è paura di non avere più i mezzi per la sussistenza e innanzitutto non avere più da mangiare.

            Questa paura, da quando gli uomini hanno perso quel rapporto abelita di fiducioso scambio che li legava alla natura, -seppur con intensità diversificata a seconda del livello d'emergenza percepito- tende a contaminare chiunque, al punto tale che una parte dell’umanità muore davvero di fame (quasi a dimostrare che la paura è effettivamente fondata), mentre la restante trattiene il più possibile le proprie ricchezze (quando non ne devolve parte in scaramantica elemosina) nella preoccupazione latente (che il gesto esorcistico ribadisce) di fare la stessa fine.

            Tutto ciò succede perché non esiste, a livello di società organizzate, il corrispettivo evangelico della fede naturale nella disponibilità di mezzi per la sussistenza propria “agli uccelli del cielo e ai fiori dei campi”.

            Gli uomini, che hanno introdotto il denaro per comprare il pane, prima ancora di potersi sentire per via cerimoniale nel corpo di Cristo, devono arrivare a tradurre quella fiducia, pura ed irresponsabile, riguardo all’abbondanza dei frutti della terra, in certezza e organizzazione. Devono cioè arrivare ad elaborare un sistema fiscale come quello proposto, che garantisca, tramite una distribuzione preventiva e programmata estranea a qualsiasi forma selettiva di assistenzialismo paternalistico, meritocrazia a matrice teocratica o compiacimento buonistico, un minimo vitale a tutti.

 

Sogno utopico o drammatico ricorso storico?

Parsifal e l'impresa fasulla

 

            Politica ed economia potranno in tal modo finalmente accordare i rispettivi principi. L'uguaglianza onorata dal saggio e previdente governo della cosa pubblica si intonerà all'aurea “regola della casa” (etimo di “eco-nomia”) comune, che nulla ha a che fare con la libertà, appannaggio del singolo nella sua intangibile individualità spirituale, ma solo con le fondamenta di un'affinità elettiva avulsa dal sangue: la fratellanza - tendenzialmente - universale.

            Sia detto quanto precede con buona pace di tutti coloro che degradano tale fraintesa libertà a furbesco e rapace arbitrio liberista o scientista - salvo sua pronta riabilitazione sociale in accattivante motivo di parte secondo asserita “affinità etnica” (popolo della/delle libertà) - in ciò travisando proprio il paradigma triarticolato (l'interrelazione delle tre sfere dell'organismo sociale sano preconizzata nella concatenazione dei tre ideali rosicruciani della Rivoluzione Francese) racchiuso nello spirito dei tricolori.

            Gli “azzurri oceano”, gli “atlantisti” o “anglo-americanofili” infatti finiscono per tradire, in modo più o meno consapevole (a seconda del grado di affiliazione alla loggia di riferimento), la specificità bilanciatrice e progressista dell'Europa nella sua qualità di Terra di Mezzo.

            Essi sono inclini a ridurre lo spirito nazionale a nazionalismo, svuotandolo del suo senso etico e terapeutico nell'atto contraddittorio dell'inseguire l'allettante scia di impulsi di segno opposto (l'allineamento gregario ad un progetto di egemonia globale venduto come cosmopolitismo umanitario), per celebrarne infine, pericolosamente, proprio quei cascami di abortita sintesi tra “particolare” e “universale” che solo ai non obnubilati ne sbugiardano la costrizione: sciovinismo superomistico (culto della personalità politica quale surrogato al misconosciuto impulso identitario sostanziato dalla “anima di popolo”), reattiva proiezione materialistica (xenofobia-razzismo) ed apertura, dopo la rediviva simpatia per il manganello, alla signoria della guerra, che è la finale risoluzione delle crisi attraverso nuova paura, morte e distruzione (purché, ancora una volta - secondo lo spirito che orienta i vertici della piramide e propaganda alle masse un'illusoria affinità di destino -, altrui) .

            A partire dagli albori della storia contemporanea “popolo bue” e “carne da cannone” sono del resto i nomignoli tradizionali ancora intimamente prediletti dallo sprezzante cinismo delle élites oligarchiche multinazionali, sovrapolitiche e sovrapartitiche - amanti operare, preferibilmente, nell'ombra di più o meno carismatico-tronfio-invasati capi-popolo locali - per una e per tante libertà da negare, sempre.

 

            Libero è invece e pur sempre il lettore di reclamare ai “padroni del campo” il familiare giogo. Chi scrive, persuaso dell'attualità di una svolta ad Est - che però sarebbe a sinistra solo a mondo capovolto, ossia bonificato dalla religione della materia e pertanto dall'inclinazione verso un internazionalismo parimenti astratto ed inumano -, se lascia al dogmatico del lavoro per tutti (chimera statalista, palesemente collidente con il principale effetto del progresso tecnologico, l'automazione) la discesa in piazza, declina con forza ancora maggiore all'animale da soma, al fanatico fante, l'ansiosa propensione per la discesa in campo, giacché la militarizzazione dell'impresa agraria gli ricorda tanto noti antefatti a gesta funeste di un più spocchioso che gongolante precursore.

           

CONCLUSIONE

             Io ritengo, in conclusione, che le radici giudaiche e greco-romane del vecchio continente - perché questo è il punto sulle sorti dello Stivale come asse d'Europa - non si possano intrecciare in cerebrali ideologie salvifiche incapaci di sintesi (già consumate e in modo tragico dalla storia novecentesca, lungo l'asse che porta il pensiero astratto dell'Idealismo involuto dall'eugenetica all'imperialismo armato) né in estemporanei Eventi di Damasco sceneggiati a Hollywood per qualche guida designata a zone strategiche di umanità da manipolare, ma nell'assiduo discernimento di cosa compete o non compete ad ogni uomo lungo il cammino verso l'archetipo della comunione con l'altro uomo, verso il suo proprio Essere pentecostale (lo Spirito di Verità della Nuova Terra)

            I tempi odierni paiono davvero maturi e gravidi di segni, per ogni coltivazione o esercitazione, per l'impresa di ogni cavaliere: mandriano mediatico/medianico o cercatore spirituale.

 

Discendi in te, poeta,

navigatore verso un nuovo mondo,

un giorno santo

Lorenzo M.

 

 

di Italo Lianza

LETTERA
 

 

Caro Nicolò, Ti ringrazio per avermi reso edotto della interessante missiva dell'antropocratico amico Rino Loi.

Cosa dire io prima di entrare nel merito?

Vorrei, precisare che ho lanciato l'idea di un partito Antropocratico, sulle ali dell'entusiasmo...forse un po' puerile.....nonostante non sia più tanto giovane, ma ispirato da veri e sacri principi evangelici.....poi ho avuto dei ripensamenti, perché pur affascinandomi, il progetto, ed avendo avuto anche dei contatti seri e qualificanti, con altri componenti dell'assemblea, mi sono convinto sempre di più, che creare un partito, "ipso facto" avrebbe suscitato emozione e forse consenso di cultori di questa dottrina...però non avrebbe raggiunto il vero scopo....che sarebbe, poi il vero piano politico-strategico per raggiungere e mantenere le leve del potere che io chiamo : "buono e caritatevole".

E' ovvio, che per motivi di sicurezza, e il pesante pericolo di plagio idealistico più che ideologico....io terrò questo progetto (davvero rivoluzionario sotto tutti i punti di vista) nella mia mente, infatti non l'ho nemmeno scritto...proprio per evitare pericolose fughe di notizie.

Ti assicuro, che il programma politico c'è, e che il tempo da quando feci l'annuncio non è passato a vuoto!!!!!

Anzi è stata una preziosissima sedimentazione.

Diciamo, che se Tu sul sito mi darai un po' di spazio....in modo che farò, un po' il filosofo di turno...spiegherò il progetto molto per sommi capi, perché nei dettagli, per ovvi motivi non posso entrarci.....potrebbe essere addirittura pericoloso!!!!

Le forze occulte, e le società segrete in Italia come nel resto del mondo sono molto numerose e potenti!!!!!

E pur di non lasciare il potere e i soldi....potrebbero tentare altre vie ...non proprio ortodosse ed estreme!!!

Fare politica a questi livelli, è molto pericoloso....ed avremo assoluto bisogno anche dell'aiuto della chiesa io direi delle chiese è "conditio sine qua non".

Il papa derogherebbe anche se non ufficialmente, quella Sua posizione di "super partes" politica.

Proprio, perché il progetto avrebbe una portata etica-religiosa di notevolissimo valore, e potrebbe tagliare le unghia anche al terrorismo..che affonda appunto le Sue radici, come diceva l'amico Loi nel disagio culturale ed economico, che poi sono l'un l'altro il rovescio di una sola medaglia.

Concetti strettamente correlati e dipendenti, infatti dove più alligna l'ignoranza...maggiore è la povertà.

Ma anche l'inverso, dove c'è povertà domina l'ignoranza....e si fa spazio l'integralismo culturale e religioso!!!!!!

Con gli strumentalizzatori "ricchi" che tirano le fila per i loro interessi....

La ridistribuzione delle risorse del mondo, che Dio ha lasciato in eredità a tutti i suoi figli, è un passaggio ineludibile, per avere un futuro sereno sotto tutti gli aspetti.

Per far questo, bisogna liberare, l'uomo dai bisogni primari.....facendo in modo che possa, sviluppare tutte le sue potenzialità, accompagnando le proprie vere inclinazioni lavorative - creative.

Un mondo più giusto, nel quale sia sconfitta la mediocrità...dovuta alla repressione delle vere personalità.

In questo nuovo ordine mondiale...bisognerà sforzarsi, di produrre ciò che serve e non molto di più...con il rischio di compromettere l'ambiente nel quale viviamo, in modo irreversibile.

Anche perché cosa lasceremo ai nostri posteri?????!!!!!!!!!

Bisognerà cancellare il debito pubblico mondiale che non esiste...secondo le toerie dell'economia parallela...così si libereranno enormi risorse per rafforzare la platea dei consumatori responsabili, che sono uomini e non macchine!!!!

Come dare torto all'amico Loi, è vero le teorie economiche classiche...sono permeate di materialismo egoistico....se solo si fossero ispirate alla dottrina sociale della chiesa, non avremmo avuto le mostruosità del sistema Keynesiano ed altro ancora.......il difetto maggiore delle teorie economiche, è quello della loro limitatezza sotto il profilo dell'impatto sociologico, con pesanti ripercussioni sulla solidità del "corpus" sociale!!!

E' questo, il motivo per il quale tali teorie...servono solo ai ricchi per diventare più ricchi...perché da sempre loro menano il walzer della finanza-economica, a loro piacimento....

i motivi di quest'ultima crisi economica, che sarà risolta di qui a non molto, ma solo in apparenza.......perché la vera soluzione....a tutte le crisi, che sono squilibri, sarà sempre e solo la "Teoria del buonsenso sociale" un termine che ho coniato, io adesso, quindi non sforzatevi di cercarla su enciclopedie o i soliti motori di ricerca sulla presunta onniscienza di internet......

Avrei, ancora tantissimo da dire....però per motivi di spazio e di rispetto per il fervente dibattito che anima il sito antropocratico......Vi rimando tutti ad un prossimo articolo.

Che appunto tratterà, la "Teoria del buonsenso" che potrà essere la futura "stella polare" dell'applicazione politica-pratica di tutte le nobili teorie antropocratiche, che rispettano l'uomo e non lo sfruttano.

Autorizzo la pubblicazione di questa lettera-articolo sul sito.

Un abbraccio circolare a tutti gli amici, verranno tempi migliori.....ma bisognerà agire!!!!

Prof. Italo Lianza


Da: ngbellia [mailto:ngbellia@antropocrazia.com]

Inviato: sab 09/01/2010 23.48

A: Rino Loi

Cc: italo.lianza

Oggetto: Re: Questionario antropocratico

Caro sig.

Rino.

Sono più di 40 anni che medito sul problema sociale per capire se esista una soluzione teorica cui ispirarsi nella pratica politica.

Quello che scopro di interessante lo offro ad altri nella speranza di essere contraccambiato, con reciproco arricchimento culturale.

Ho chiamato Antropocrazia l'insieme delle riforme e delle regole capaci di creare un Mondo di Solidarietà in cui Ciascuno disponga aprioristicamente del necessario per sopravvivere dignitosamente, cioè senza essere costretto a vendere il proprio lavoro sul Mercato.

Anelo ad un Mondo in cui ogni produzione nasca dalla libera creatività individuale, cioè dall'Amore, considerando anche che l'uso della Tecnologia rende altamente produttivo ogni lavoro umano.

Ricordo di aver letto che negli Usa il 3% (oppure il 6% ?) sono in grado di fornire il cibo ai 300 milioni di Cittadini Usa.

Sempre più mi convinco che la causa della povertà vada cercata nelle insufficienze culturali (etiche) e non economiche.

Non serve a nulla predicare astratti doveri quando poi si affida la propria sicurezza economica ad accumuli monetari e di beni, senza dare esempi o insegnamenti ispirati a vero disinteresse.

Io lavoro perché nel Mondo si diffonda sempre più una cultura socio-economica che porti alla reintegrazione dei diritti violati.

Ciascuno ha nella propria Coscienza quella Guida capace di avvicinarlo sempre più alla Verità.

 

Nicolò

 

di Italo Lianza

PERCHE' E' ORA DI SCENDERE IN POLITICA
 

 

Caro Nicolò come ben sai è tempo che faccio parte dell'assemblea antropocratica, e ne sono davvero fiero, perchè lo reputo un sistema social-economico di bontà incomparabile e di grande civiltà....lo definirei "quasi perfetto" solo perchè umano....mi capisci!!. Detto, ciò e in considerazione che io queste idee, ho sempre cercato di diffonderle. A prescindere dalle ideologie dei miei interlocutori. Io scrivo da tempo su diversi siti e blog di varia estrazione politico-sociale.

 

La mia esperienza, sia professionale che di vita, mi dice però,che solo coloro che hanno sempre condiviso queste sagge e proficue idee....possano aspirare (in primis) a rappresentare queste idealità ai cittadini. E allora perchè, non decidiamo anche Noi di scendere (direttamente) nell'agone politico nazionale ed internazionale? Dico questo, perchè io pure sostenendo le nostre idee, ho sempre trovato in tutti gli interlocutori politici, da destra a sinistra...una fortissima resistenza alla conservazione del potere inteso, ahimè in senso classico ed una vergognosa repulsione nell'accettare l'Antropocrazia... Per non parlare poi dei sindacati, trasformatisi da tempo in veri e propri comitati d'affari, e non penso di essere blasfemo....affermando ciò. Ho sondato il terreno, e potremmo avere numerosissimi sostenitori, nel senso trasversale della politica. Proprio, perchè le idee "utili per l'intera società" in effetti non hanno un colore politico, ma mirano diritto ad un benessere(dell'uomo) intelligentemente ben equilibrato e ripartito sia in senso geografico che sociale.

 

Quindi, con questa mia lettera, che Ti autorizzo (sin da ora) a pubblicare nel sito, come primo manifesto di un nascente partito non convenzionale ma funzionale alle idee risolventi. Io sono, sin da ora disponibile ad avere un compito, quello più umile possibile....e contribuire, alla liberazione dei cittadini dal bisogno che umilia la dignità dei cittadini in quanto uomini del mondo. In attesa di un Tuo cortese riscontro, ecco non ho detto sollecito, perchè Noi non dobbiamo correre dietro agli eventi elettorali della politica di rito, bensì dobbiamo fondare una nuova filosofia di vita per il mondo che verrà. Grazie per la cortese attenzione prestata, e colgo l'occasione per salutarTi ed abbracciare tutti i componenti dell'assemblea in un unico afflato.

 

Con Simpatia e ovviamente Ad maiora semper.

 

Prof. Italo Lianza (scrittore e opinionista)

  

Riferimenti informativi personali: indirizzo web: italo.lianza@alice.it

Telefoni fisso: 0816126937 (Voip di Alice)

Telefoni gratis: Skype: italoprimo (sul computer); italosecondo (sul telefonino);

Telefoni cellulari a pagamento: Tim: 3285312021 (il più usato); Wind: 389808840; Tre/Skype: 3920632501

 


di Antonio Perrotta

IL DOGMA DEL LAVORO
E IL SIGNORAGGIO BANCARIO
 

 

Ciò per cui oggi falsamente si blatera (per lusingare gli animi e cullare il sonno alle teste vuote), è la necessità di un rinnovamento del sistema occupazionale basato su una certa etica del lavoro.

Punto primo, l'introduzione di un regime meritocratico.

Il che, per l'appunto, se mai si realizzasse (e non è chiaro quali siano le coordinate del/di merito), sarebbe nient'altro che un nuovo regime, peggiore dell'attuale.

L'unico criterio di scelta attuabile in luogo della raccomandazione, in un sistema produttivo tecnocratico governato ai vertici da potentati monetari e finanziari, sarebbe la totale sottomissione ai dettami produttivi.

Chi osasse avanzare dubbi, rivendicare qualcosa o semplicemente biasimare il sistema, non meriterebbe la calda accoglienza in seno agli addendi di questa sommatoria, non sarebbe degno di tanta grazia benefattrice.

Ma questo non è che un punto irrisorio, una variante della questione.

Il problema è chiedersi perchè questi infeltriti cadaveri che sgambettano in preda al mito del benessere lavorativo, degli scatti in carriera, plaudano all'inasprirsi di un regime sotto le cui ronde boccheggiano e marciscono da secoli.

Perché si sentano entusiasti e lusingati dalle prospettive di una carriera basata sull'obbedienza, sulla dedizione, sullo straordinario, abbacinati dalla prospettiva di una cena col capo o da qualche centesimo in busta paga.

L'uomo, originariamente, è altro.

Il suo impiego coatto e quotidiano (pena la fame)  nella catena di montaggio è una mostruosità che andrebbe perseguita con la galera.

Ogni singolo minuto della mia vita buttato al servizio di qualcuno dovrebbe valere, male che vada, alcuni miliardi, indipendentemente dalla mansione svolta.

L'uomo dovrebbe avere la possibilità di poter vivere dignitosamente senza lavorare, perlomeno nel senso canonico del termine.

 Se lo vuole, dovrebbe poter affrontare un qualunque tipo di attività anche se non immediatamente valutabile in termini produttivi e dunque remunerativi.

Dovrebbe avere la possibilità di dedicarsi ad una qualche forma d'arte o studio o ricerca senza per questo patire la fame.

Il lavoro canonicamente inteso deve rimanere una mera vocazione personale; non una necessità vitale.

La gente arriva ad osannare il proprio impiego quotidiano menando vanto del monte ore accumulato.

Deride e discrimina chi vorrebbe sottrarsi alla tirannia della mercificazione umana bollandolo come scansafatiche.

E' talmente convinta che il lavoro sia la vita e che quest'ultima vada guadagnata e vissuta lavorando che difficilmente potrà considerare il detrattore qualcosa di più di in parassita.

Ignora totalmente che in realtà la schiavitù del lavoro è funzionale agli unici veri parassiti in cima alla piramide.

Ignora che questo sistema è semplicemente il peggiore, non l'unico, e che viene mantenuto sano (cioè malato) per scopi ben precisi.

Tutto ciò è talmente incredibile da creare, personalmente, sentimenti contrapposti: rabbia pena biasimo disgusto ironia...

La gente è talmente imbevuta di siero pubblicitario informativo e propagandistico da non essere minimamente sfiorata dal dubbio.

E se lo è, il dubbio in causa è un sottoprodotto consentito e ugualmente manipolato dalla stessa propaganda, fisiologicamente vitale per il sistema medesimo.

Un simile dubbio sarà sempre e comunque  volto nella direzione sbagliata.

Sarà sempre un tassello illusorio dello stesso mosaico che persuade le menti circa una  presunta libertà di critica e di pensiero.

E, come disse Goethe, "non c'è peggior schiavo di colui che è falsamente convinto di essere libero".

Come se non bastasse questo processo si fonda (ed è possibile) grazie ad ulteriori aberrazioni secolarizzate.

Alcune ataviche stratificazioni mentali (che in qualche modo preordinano e bendispongono quello che Jung chiamerebbe inconscio collettivo) consentono questa nemesi ingannatrice: tradizione folclore superstizione religioni dogmi autorità politica e quant'altro.

Pertanto non si tratta di vivere in una illusione globale (metafisicamente intesa); o perlomeno non è di questo che ora si vuol trattare.

Qui è bene comprendere, o almeno scorgere, la portata globale dell'inganno cui più o meno consapevolmente (ma sempre colpevolmente) si soggiace.

Le vostre menti, perverse e pervertite ad un tempo (dal sistema nel sistema per il sistema), sono arrivate a considerare il lavoro un dovere, un dono, una nobilitazione, una fortuna, una grazia.

Il lavoro, la ricerca spasmodica del posto di lavoro, dell'impiego umano sotto il mito del successo e del benessere, è divenuta dogma.

Domanda: riuscirete minimamente, dimenandovi tra turiboli e anestetici, a considerare (non dico scalfire) l'immonda infamia che nel tempo è riuscita a persuadervi di tutto ciò sino a farne oggetto di fede e di culto?

Non posso essere ottimista.

Altri dogmi, da millenni, finanche più assurdi e incredibili di questo, permangono in ottima salute.

Anzi: il tempo sembra addirittura consolidarli (in grazia del potere che si lascia consolidare nei secoli tra le mani di chi può trarne vantaggio).

La gente deve essere impiegata, il tempo della tua unica vita deve essere spremuto in una occupazione che distolga dal pensare, dal domandare, dal ritrovarsi, dal rendersi conto che in quanto uomo si è potenziali capolavori e che l'infame coercizione al sudore  per la sopravvivenza, per sbocconcellare appena, costituisce l'esatta negazione di quella meraviglia potenziale.

Ed è necessario far credere che quel sudore sia un privilegio che nobiliti la natura umana, che faccia fronte ad esigenze proprie, utili a se stesso, alla famiglia, alla convivenza sociale.

Non si sciopera sacrosantamente in massa per rivendicare il diritto umano a vivere senza lavorare.

Si sciopera quando non si ha occupazione, sottomissione.

Se non si è bestie da soma si reclama il giogo.

"Il lavoro nobilita l'uomo"...

Questo è stato ripetuto, incessantemente.

Mentre non può che ottunderlo e debilitarlo.

L'uomo, dovendo scegliere, è molto più vicino alla cicala che alla formica.

Quella favola non è una innocente storiella volta a responsabilizzare il bambino sin dalla culla; non nel senso in cui si crede.

Semplicemente è volta ad irreggimentarlo.

La scuola non è altro che un campo di concentramento didattico in cui si irreggimentano futuri automi e cadaveri.

Sempre più non a caso si parla di scuola e proposte formative per il mondo del lavoro.

Le scuole, le università, ti portano in gita nelle fabbriche, nelle multinazionali...

Cercano subito di inserirti e inquadrarti nel mondo del lavoro, nella sua ottica.

E intanto il mondo produce il triplo rispetto alla domanda.

Ma bisogna ancora lavorare produrre indebitare... non distribuire e godere delle immense ricchezze senza dilaniare il pianeta.

Si lavora per sottostare al peggiore regime schiavistico monetario mai concepito, in favore (volendo risalire ai vertici) di pochi banchieri settari.

Miliardi di persone lavorano per accentrare ogni potere nelle mani di costoro mantenendo le famiglie degli stessi nel lusso più sfrenato e perpetuando ogni loro privilegio e potere di generazione in generazione.

Migliaia di persone chiedono soldi a questi signori indebitandosi sino al collo per della carta inesistente, creata dal nulla, impegnando finanche il sudore dei padri affinché, con una nuova vita di  fatiche e sudori restituiscano pezzi di carta (questa volta reali giacché intrisi di martirio personale) a chi non elargì nulla, e, soprattutto, nulla di proprio.

Ma la gratitudine, per essere veramente tale, non potrà prescindere dal corrispondere, sotto forma di interessi, qualcosa in più rispetto al nulla elargito.

E se mai si volesse essere talmente sconsiderati da negare quella gratitudine, la Giustizia interverrebbe nel rendere l'inadempiente perseguibile ai sensi di legge.

In più è giusto che il reddito proveniente dalla schiavitù sia ragguardevolmente tassato.

E non per quei pochi penosi servizi che lo stato concede in contropartita; ma per pagare gli interessi sul debito eterno, inestinguibile, costituito da carta straccia.

In sostanza si tratta di drenare risorse al cittadino durante tutto l'arco della sua squallida vita lavorativa per restituire denaro ai banchieri centrali sovranazionali, consentendo così la perpetuazione di una truffa mondiale basata sul debito.

Il tutto sotto la tacita connivenza dei governi e dei loro rappresentanti, semplici camerieri e burattini del sistema, veri e propri esattori in nome e per conto dei grassi paperoni internazionali.

Non a caso Thomas Jefferson ebbe a dire: "Credo sinceramente che le istituzioni bancarie col potere di creare ed emettere moneta siano più pericolose per la libertà che eserciti in armi".

Senza mezzi termini invece Henry Kissinger: "Chi controlla il denaro controlla il mondo".

A chi dunque impone di elemosinare prestiti ed ha la benevolenza di concederli nominalmente affinché si abbia l'onore di lavorare dovendo un domani ricambiare col denaro e la vita qualcosa in più del nulla dato, sii grato ed obbediente: è per te che stai lavorando.

L'impiego è la tua vera natura, il senso ultimo della tua esistenza, l'intima elevazione mentale e spirituale cui l'uomo può e deve aspirare.

Se non ci credi basta che ascolti chi dal pulpito rappresenta i tuoi interessi, chi predica e combatte ogni giorno per la tua dignità e realizzazione.

Forse il tuo Presidente della Repubblica non esorta ogni giorno in tal senso?

Non conferma forse essere la dignità primieramente nel lavoro?

Non lo hanno per questo scritto e sancito nel primo articolo della Sacra Costituzione?

Non lo ripete forse anche il Sommo Pontefice dall'umile Loggia ecclesia in S. Pietro?

 

Non vorrai certo mettere in dubbio la parola di due infaticabili lavoratori o addirittura quella di Dio sceso in terra!?

O vorresti forse che la banca del Signore cessasse di riciclare capitali per le sue opere di bene?

Il Signoraggio è il Signore Dio tuo.

Ormai non si tratta più di scoprire che la democrazia è una finzione, un lugubre gioco di facciata.

Nemmeno si tratta di biasimare l'egemonica tirannia delle plebi.

Sono le plebi ad essere, sia pure colpevolmente e vocazionalmente, tiranneggiate.

I cenacoli politici non sono che un medium tra le plebi e l'elite, un diversivo che scongiuri lo svelamento.

Elezioni, candidature, partecipazioni alla vita pubblica, referendum... tutto si risolve in belletto, maquillage d'accatto.

Corporazioni, banche ed alta finanza.

Questo è ciò che si nasconde dietro le quinte della cronaca e della storia ufficiale.

Ma la storia non solo è da riscrivere: è da cancellare.

Esimi studiosi ancora brancolano nel buio.

Ottusi accademici ancora emendano e revisionano storielle all'interno del medesimo inganno, concedendo varianti al loro e al vostro sonno.

Banche centrali, banca mondiale, Onu, Council on Foreign Relations, Commissioni Trilaterali, Bilderberg Group.

Oramai non esistono più nemmeno i governi.

Se dunque devi essere occupato per raggiungere il tuo scopo, perchè interrogarti?

Abbiamo già tutte le risposte, e le offriamo senza che tu perda tempo a cercarle.

La tua essenza è nel lavoro, non nel domandare.

E' nell'identificarsi con esso, nel pensare con esso, nel misurarti e valutarti per esso e con esso.

Per raggiungere questo autentico grado di consonanza con il tuo essere uomo, non hai che da faticare (otto dieci anche dodici ore al giorno), almeno sei giorni su sette.

E per non distoglierti da questa illuminata consapevolezza, nell'unica giornata d'aria concessati, inonda gli stadi gli altari le piazze i negozi i dopolavori...

Frequenta i tuoi pari e sbadiglia insieme a loro.

Tanti più sarete, tanto più lo sbadiglio diverrà contagioso.

Ma se, dopotutto, comprensibilmente, sarai stanco, resta pure a casa... senza troppo pensare, senza troppo distoglierti dal torpore necessario alla mente e al domani, denso di nuove fatiche e doveri.

Basta che il dito intervenga ad illuminare uno schermo dove è possibile (anzi indispensabile) mirarsi vezzeggiarsi cullarsi per poi, finalmente, dormire... ancora russare e dormire.

Un'ultima premurosa raccomandazione onde evitare che tu incorra in spiacevoli sanzioni.

Non dimenticare, prima di coricarti in quel misero e pignorabile loculo domestico, di caricare la sveglia sulle prime luci dell'alba.

Non, sia chiaro, per godere dell'alba; tutt'altro.

Ma per correre a donare il tuo pane quotidiano.

Questo è l'unico mistero eucaristico, ed ogni giorno si rinnova: la carne diventa pane; il sangue, vino.

  

di Alessandro Campagnacci

 

ALESSANDRO CAMPAGNACCI

http://www.antropocrazia.com/forum2

Inviato: Lun Mag 05, 2008 12:09 pm a ECONOMIA PARALLELA  

Carissimo Nicolò,

come già evidenziato attraverso i miei precedenti interventi, stimare una Massa Monetaria italiana pari a 6 mila miliardi di euro significa includervi ogni genere di attività finanziaria, comprese quelle caratterizzate da scarsa liquidità (i crediti a medio-lungo termine): oggi come oggi sono pochi gli operatori economici disposti ad accettare in pagamento un titolo che scadrà tra 10 o 20 anni. Trasformare quel titolo in eurolire immediatamente spendibili significa, già di per sé, provocare un enorme aumento della domanda di mercato che basterebbe a compensare gli effetti sui costi dell'abolizione delle imposte. Alla luce di ciò, è davvero utile emettere 2 eurolire per ogni euro?

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Inviato: Mar Mag 06, 2008 12:50 am - Oggetto: MONETA PARALLELA

Carissimo Alessandro.

La conversione da Euro a Eurolire elettroniche, evidenzierà il reale ammontare della Massa Monetaria.

Indipendentemente da tale ammontare, con lo spostamento del prelievo fiscale dal settore economico a quello monetario, provocherà una fortissima riduzione dei prezzi e conseguente rivalutazione monetaria.

L'ammontare della Massa Monetaria, assieme al Reddito di Cittadinanza pro capite, determinerà il tasso di decurtazione mensile per le Spese Pubbliche e per il Reddito di Cittadinanza.

Faccio rilevare che questa riforma sarà resa possibile solo  sostituzione della moneta cartacea con quella elettronica che elimina l'occultabilità della ricchezza monetaria e renderà possibile l'equa ripartizione degli oneri sociali sull'intera Massa Monetaria, che contiene in sé tutti i redditi del passato.

L'adeguatezza dei parametri sociali di base emergerà dal costante controllo dell'ammontare della riserva in Euro, al fine di interventi correttivi su tali parametri.

Purtroppo non vedo altre soluzioni possibili al progressivo e generale impoverimento sociale.

 

Ti abbraccio, Nicolò

 

 

di Dario Pedicini

FANNULLONI
 

 

Ciao, leggendo De Simone e poi Bellia ho compreso la figura del fannullone e gli ho trovato
un posto nell'ordine delle cose dalla parte di quelle sane.

Poi ho letto altri autori, ultimo Tom Hodgkinson, e ho imparato ad amare il fannullone e a
riconoscerne in me stesso alcuni tratti tipici.

Provando a dare una definizione di fannullone riesco a rintracciare questi punti fermi:

1) un fannullone in senso assoluto, letterale, per definizione non esiste: i morti sono gli unici veri
fannulloni.

2) l'accezione più comune di fannullone mi sembra che si possa racchiudere nelle definizione:
"Quello che non lavora e non fa niente dalla mattina alla sera".

3) l'assunto precedente sottintende questo che segue:
".. quello che non fa lui devo farlo io", se diamo alla parola fannullone un'accezione negativa.

Ne segue:

4) il fannullone fa la bella vita ("mentre io mi faccio un culo così").

Per ora lasciamo fuori il legame fannullone-denaro.

A questo punto, il fannullone viene visto come un parassita che grava sulle spalle della società.

Ma è una visione pregiudizievole.

In una società perfetta, in una società dove non c'è limite alle risorse disponibili, dove la
crescita della popolazione, della memoria storica e della cultura non hanno limite, allora il fannullone sarebbe un parassita, ammesso che sia uno che mangia, dorme e vive tutta
la vita da solo senza mai scambiare nemmeno una parola con qualcuno.

E, anche in un mondo così, il fannullone sarebbe un danno più per se stesso che per gli altri.

Per di più non viviamo in un mondo perfetto.

Io porto sempre l'esempio del call-center.

Quante persone conosci che lavorano in una di queste gabbie per marketing?

Io in famiglia ne ho due e in un periodo particolarmente bisognoso ci ho lavorato a mia volta.

Il lavoro di call-center consiste nello stare tra le quattro e le otto ore al telefono, a parlare con
persone sconosciute che non si aspettavano di ricevere la tua telefonata proprio mentre
erano un cliente, proprio mentre stavano cambiando il pannolino al neonato, proprio mentre la radio suonava i loro ricordi, proprio mentre pranzavano, o pensavano, o facevano pipì,
o aspettavano la telefonata del loro nuovo amore.

Li chiami e gli dici:

"BUONGIORNO! Ha visto che giornata meravigliosa è oggi? Sonodariopedicinidellatelecomitaliastiamofacendounoffertasulleadsladiecichilobytel'orapersolitre
centoeuroalmesechefa,accettaosilasciascapparequestafantasticaofferta?".

Nella maggior parte dei casi la fantastica offerta interessa meno del disturbo causato dall'indiscreta telefonata.

La suddetta telefonata offre servizi generalmente inutili e raramente vantaggiosi, e si tratta sempre di servizi che l'utente informato può decidere di scegliersi da sé.

Tra le quattro e le otto ore al giorno di lavoro, pagato naturalmente a cliente, mica a ora,
altrimenti con tutti i fannulloni che ci sono in giro le grandi società di call-center andrebbero sottosopra.

E così il dipendente stressato che non trova altro lavoro truffa, o quasi, e la nonnina in cima ai monti si ritrova addebitati duecento euro di servizio non richiesto.

In più il povero dipendente maledice se stesso ogni mattina, maledice il mondo in cui vive e, in fondo in fondo, trova pure lo spazio per la sua coscienza di sentirsi in colpa: non ho studiato abbastanza, non ho fatto abbastanza, potevo dare di più, sono un fallito.

Una persona così non vive meglio la propria vita standosene comodo a casa, sicuro di avere tutto quello che gli serve per sopravvivere, un tetto sulla testa, cibo, luce, gas, telefono, invece che essere obbligato a torturare gli altri per mera necessità di sopravvivenza?

Il lavoro di una persona così, che è lavoro forzato, non danneggia la società?

Da dove viene la convinzione che la coercizione possa aiutare la crescita?

Vediamo quanto costa alla società il lavoro di call-center.

Il call-center, come tutti i centri servizi, costa alla comunità umana energia e acqua corrente, carburante per gli spostamenti dei dipendenti, costruzione e manutenzione degli edifici e degli impianti che li ospitano, costruzione, installazione e manutenzione degli impianti richiesti per compiere specificamente questo lavoro.

Costa lavoro per: muratori idraulici elettricisti piastrellisti falegnami vetrai trasportatori
addetti alle pulizie servizio di sicurezza addetti informatici addetti alla mensa contabili
galoppini agenzie di collocamento eccetera eccetera eccetera, che dedicano il loro tempo
e le loro risorse affinché un migliaio di poveracci possa vivere rinchiuso in una gabbia di vetro e cemento a rompere le palle al telefono otto ore al giorno a centinaia di migliaia di altri poveracci.

Tutto in cambio di.. denaro.

Ma non sarebbe meglio pagarli tutti per farli stare A CASA LORO?

A crescere, a cercare di capire, a stare con i loro cari?.

Quali sono le conseguenze di tutto questo lavoro (diretto e indotto, cioè necessario per compiere il lavoro)?

Il lavoro è crescita, è impegno sociale?

NO.

IL LAVORO È UN'ALTRA FORMA DI CONSUMO.

Consumo di acqua, energia, carburante detersivi e altri prodotti chimici, terra, tempo e
soprattutto lavoro di altre persone.

Traffico, in tutti i sensi, traffico telefonico, traffico stradale, traffico alla pausa pranzo in mensa,
al supermercato, traffico in fila al bagno, traffico dal tabaccaio nel momento di pausa, traffico in fila alla posta nelle giornate di festa e negli orari non lavorativi.

E ciascuna di queste cose genera altro lavoro, perché ci rallenta tutti.

Lavoro indotto che genera lavoro indotto: file più lunghe implicano maggiore spreco di risorse
e di tempo (un'ora in macchina per fare cinque chilometri) e allora si cerca la prestazione: quell'ora di lavoro bisogna pure recuperarla.

Telefonare da casa non basta più e ci vuole il cellulare, costi maggiori, inquinamento maggiore.

Mangiare a casa non si può e quindi la mensa, ma a poco prezzo perché è tutti i giorni, e via la qualità.

Stress su stress su stress su stress su stress su stress.

Sull'onda del grande mito: LAVORARE MENO LAVORARE TUTTI.

Lavorare tutti è UN CASINO, altro che lavorare meno!!!

Le esigenze aumentano in maniera esponenziale e si concentrano in momenti specifici della giornata e della settimana, creando continue e costanti ondate di emergenza successive (le famigerate ORE DI PUNTA).

Generano l'ansia da prestazione (tre persone a servire a tavola il sabato sera non bastano)
ma introducono la precarietà (se non sei il meglio del meglio vai fuori dai piedi), e così spaventano e schiacciano datori di lavoro e dipendenti, e danneggiano e scoraggiano gli utenti che si confrontano con un personale sempre più stressato e sfruttato.

Inoltre consumare le risorse materiali richieste dal lavoro, INQUINA.

Una mentalità moderna e intelligente è una mentalità che suddivide sì, più o meno equamente il lavoro, ma tenendo presente L'UNICITÀ di ciascun essere umano, che non è una formula astratta e vuota, e tenendo conto che la quantità di lavoro giusto da compiere, specialmente se parliamo di lavoro materiale, è LA MINORE POSSIBILE, SEMPRE, e i motivi li ho appena elencati tutti! .

L'idea di lavorare tutti è l'idea più cretina, miope e superficiale mai concepita dalla mente
umana, ed è stata concepita sotto il cappello del mito astratto e perfettibile di società
coerente, in cui ricadiamo ogni volta che pensiamo una frase che comincia per "se tutti facessero così..", FALSO COME TUTTI I MITI.

Non succederà mai che TUTTI faranno così, e il giorno che succederà moltissimi ne
soffriranno orribilmente!

L'omologazione non è una qualità umana e, pur non credendo in dio, lo ringrazio per averci fatto tutti così diversi da rendere impossibile il metterci tutti d'accordo.

Prendersela con i fannulloni peggio ancora, non ha senso, i fannulloni nemmeno esistono! Fannulloni rispetto a quale standard? Noi viviamo in una follia, come facciamo a basarci su di essa per definire chi è un fannullone e chi no? E, anche quando lo abbiamo stabilito, ci rendiamo conto o no che se tutti lavorassimo allo stesso ritmo, e quel ritmo fosse quello attuale che tengono gli impiegati, 9-18, più il traffico e gli straordinari, la vita sulla terra rischierebbe di cessare per la pressione domani mattina?.

L'unico modo per lavorare meno è LAVORARE MENO TU.

Far lavorare di più gli altri non è una soluzione.

Punto uno.

Punto due.

Chi ha qualcosa da fare si dedica a farla e, come abbiamo visto, ci si dedica con il massimo impegno perché, se quell'impegno non è massimo, nell'attuale sistema economico il gioco non vale la candela.

Chi ha qualcosa da fare si impegna e si sforza, e lo fa per così tanto tempo che comincia a credere che quello sia l'unico modo di vivere.

E così impara a distinguere il fannullone da sé, ma si dimentica che questa divisione è
dovuta al suo stile di vita esattamente quanto a quello del fannullone.

Con la differenza che quest'ultimo, come abbiamo visto, non solo se la gode e fa la bella vita, quando può, ma inquina meno, richiede uno sforzo lavorativo minimo da parte del prossimo e soprattutto NON IMPONE A NESSUNO IL SUO STILE DI VITA.

Il fannullone quindi è il creativo e l'uomo libero.

È colui che non avendo alcun partito da difendere sceglie semplicemente il migliore o, se non esiste, lo crea.

Grandi filosofi, grandi inventori, matematici, grandi pensatori, grandi scrittori hanno vissuto una vita pigra.

Considerare dannoso il "fare nulla" è riduttivo, e la parola stessa fannullone è senza senso perché, come dicevo inizialmente, gli unici veri fannulloni sono i morti.

Anche nel mondo del lavoro non mancano gli esempi in questo senso: guarda il boss,
se ne hai uno.

Il boss incita gli altri a lavorare di più, ma lavora poco.

Ecco perché il boss è lui: mentre tu lavori, lui pensa..

E qui si conclude la mia filippica in difesa della dis-occupazione, che va per tanto tutelata e incoraggiata, e considerata un sintomo di salute culturale di una civiltà: sembra banale ma non lo è, quante meno persone lavorano per denaro, quante più persone lavorano per piacere, tanto meglio.

Saludos, Dario Pedicini.

d.pedicini@gmail.com